La prima volta che mi sono trovata di fronte Andrea Bertè sono rimasta
meravigliata. Essendo amante e studiosa di arte, ho visto nel suo volto sorridente un ritratto ideale, a metà tra Raffaello e Caravaggio. Ha un viso che cattura, uno sguardo che, come nei ritratti meglio riusciti di Raffaello, instaura da subito un rapporto con il suo interlocutore/spettatore: una dote fondamentale per un artista
in crescita che dialoga con il suo pubblico.
Ma dietro a quel viso di cielo e dietro a quei ricci spettinati, che molto ricordano
il dinamismo e la luce dell’opera “Ragazzo morso dal ramarro” del 1594, c’è tutta la potenza
e l’entusiasmo di un sedicenne caravaggesco. Un sedicenne, però, con le idee chiare, reattivo e con i piedi ben piantati per terra (ma con lo sguardo puntato al futuro).
D. Andrea, sei un ragazzo giovanissimo e già così appassionato di musica. Quando è nato questo amore?
C’ è stato da sempre. Ho iniziato a cantare a tre anni con le canzoni che mi insegnava mio padre. Erano i classici della musica italiana, da Massimo Ranieri a Gianni Nannini. Spesso mi insegnava quelle del grande Domenico Modugno e ancora oggi amo cantare “Tu si ’na cosa grande”. Poi questo gioco da bambino è divenuto passione e ho continuato a percorrere la strada della musica.
D. Quindi una passione nata grazie al papà e alle canzoni italiane. E come si è sviluppata poi?
Cantavo proprio da piccolissimo. A quell’età non sapevo ancora né leggere né scrivere. C’erano parole che non capivo e non conoscevo e chiedevo a mamma e papà di spiegarmele. Le imparavo a memoria e cercavo di ripeterle come riuscivo, cantando.
Poi naturalmente frequentando la scuola ho imparato a leggere e a scrivere e sono andato avanti nella mia passione. Ho deciso di iscrivermi a una scuola di canto (IMA; Italian Music Academy, Direttore e Manager Fabrizio Frigeni, vocal coach Lalla Francia). Non avevo mai preso lezioni, ma il canto va studiato. Con queste lezioni sono partito verso una strada professionale, uno studio vero e proprio e, ancor oggi, continuo a studiare.
D. Qual è stato il momento in cui ti sei reso conto di avere una effettiva capacità canora?
Ho preso coscienza di questa capacità verso i 10 anni. È stato in quel periodo che ho iniziato a capire che avevo una voce orecchiabile, che non cantavo male, che ero intonato. Poi, iniziando a studiare canto, ho capito che erano sensazioni corrette e ho iniziato a impegnarmi maggiormente.
D. Finora qual è stato il risultato più alto che hai raggiunto e che ti ha regalato maggior soddisfazione?
Sono arrivato primo a un concorso che si chiama “Canta Dalmine” e sono stato l’unico ragazzo che da lì è passato alla categoria Sanremo Giovani. Ora voglio puntare a qualcosa di più alto.
D. Hai già un manager che ti segue?
Per ora il papà, che comunque sa muoversi bene ed è anche il mio primo fan.
D. Nella tua vita quotidiana, al di là del canto e della musica, quali sono i tuoi hobbies? Cosa fai nel tempo libero?
Ovviamente trascorro gran parte del tempo studiando perché vado a scuola. Sono al terzo anno dell’Istituto tecnico di chimica Giulio Natta. Poi ho il canto. Poi come tutti i miei amici amo stare in loro compagnia, uscire insieme, passeggiare e chiacchierare. Ma mi piace tanto anche leggere, soprattutto i fumetti, e seguire le serie in Tv. Ho anche la passione per le scalate, che condivido con mio zio e mio fratello.
D. I tuoi amici conoscono la tua passione?
Sì, si, certamente. La conoscono e conoscono tutte le mie canzoni. Mi seguono soprattutto su Instagram. Alcuni di essi mi aiutano a scrivere, altri a girare video da caricare su internet, altri ancora che mi consigliano cosa sistemare nei testi.
D. Mi capita spesso di sentire gli artisti dire che la maggior intensità di ispirazione la raggiungono nei momenti di malinconia e di tristezza. A te quando viene l’ispirazione?
Sì, forse è vero, ma a me capita di avere l’ispirazione ogni volta che voglio esprimere qualcosa. Ecco, in quel momento vado nella mia taverna e mi metto a cantare. Il mio stato d’animo poi diventa il risultato della canzone. A seconda di come viene, si capisce se ero triste, se ero felice, se ero arrabbiato. Se invece mi viene in mente una frase, alcune parole o dei pensieri li annoto subito su un quaderno.
Ho iniziato a scrivere canzoni mie soltanto da una settimana. Invece se mi viene in mente una melodia mi siedo subito al pianoforte e la registro. Provo, provo e riprovo finché tutto mi sembra perfetto.
D. E come capisci che una melodia è perfetta?
Io sono un perfezionista. Quindi soltanto nel momento in cui soddisfatto smetto di riprovare. Quando ascolto una mia melodia continuo a rifarla finché non ho più niente da dire. Solo allora significa che va bene.
D. Hai dei modelli a cui ti ispiri, dei cantanti che preferisci?
Come stranieri ascolto particolarmente Bruno Mars. Tra gli italiani il mio preferito è Ultimo.
D. Mi racconti un po’ che cosa rappresentano i tuoi genitori nella tua vita?
Sono importanti. Sono stati loro i miei primi fan e continuano ad aiutarmi a perfezionarmi nella mia arte.
Se sentono ad esempio che una canzone non funziona, mi dicono di lasciar perdere. Se ritengono invece una canzone bella, mi incitano a continuare.
Con mio padre poi ho un rapporto molto stretto per ciò che riguarda il canto.
D. Tuo padre fa il dentista. Una professione importante e impegnativa. Tu hai intenzione di seguire le sue orme o preferisci pensare soltanto alla musica?
Io preferirei diventare cantante. Però sto facendo una scuola che mi permetterà di fare l’università. In caso dovesse andarmi male con la musica so già che frequenterò Medicina e diventerò un dottore.
D. Da anni ci sono i Talent in Tv. Arrivano ragazzi giovanissimi, molto preparati tecnicamente e quando la scuola finisce solitamente sono ulteriormente migliorati. Non hai mai pensato di provarci anche tu?
Non ancora. Non mi sento ancora pronto. Nonostante tutti mi abbiano consigliato di provarci, io ho sempre risposto no. Ascoltavo i partecipanti e mi sembravano tutti molto più bravi di me. Preferisco, al momento, ascoltarti e studiarli. Li seguo molto e cerco di capire cosa posso imparare e dove devo migliorare. Cerco di apprendere da quelli più bravi e cerco di agganciarmi al loro stile per poi riadattarlo al mio.
Sono comunque canditato per una produzione discografica molto importante e sicuramente parteciperò a qualche talent.
Ma preferisco non bruciare i tempi. Aspetterò che arrivi il momento giusto.
D. Andrea, che ragazzo sei?
Sono un ragazzo allegro, a volte molto impulsivo.
Non ci resta che augurare a questo ragazzo dalle grandi ambizioni e dalle ancor più grandi capacità un futuro d’incanto o di in canto, per giocare un po’ con le parole.
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